La Calabria, terra antica e misteriosa, custodisce un patrimonio folkloristico ricco di riti, superstizioni e leggende uniche nel loro genere. Incastonata tra il Mar Ionio e il Tirreno, questa regione del Sud Italia ha mantenuto vive tradizioni popolari tramandate oralmente per secoli. Qui di seguito ti sveliamo 10 antiche credenze popolari calabresi, esclusive del territorio e profondamente radicate nella cultura locale.
L’ombra del morto sulla porta
Nelle zone dell’entroterra, si credeva che, quando qualcuno moriva, la sua ombra potesse apparire sulla soglia della propria casa durante la veglia funebre. Se ciò accadeva, significava che lo spirito era in pace e che non avrebbe più disturbato i vivi.
Il malocchio lanciato con lo sguardo storto
In Calabria, l’idea del malocchio è associata a uno “sguardo tagliato” (in dialetto: u jettaturi), un’espressione facciale ben precisa. Si riteneva che solo alcune persone, nate in particolari notti dell’anno, potessero infliggere questa sfortuna solo guardando qualcuno.
La fiamma tremolante dei lumini
Durante la commemorazione dei defunti, se un lumino tremolava senza vento apparente, era interpretato come un segno della presenza dello spirito del caro defunto.
La “pietra del serpente”
Una pietra nera e porosa, trovata nelle campagne calabresi, era creduta capace di curare i morsi dei serpenti. Per essere efficace, doveva essere strofinata sulla ferita mentre si recitavano antiche preghiere in dialetto.
La “fuitina” benedetta
Secondo la tradizione, se due giovani “scappavano” insieme (la famosa fuitina), venivano considerati sposati agli occhi della comunità. Nessun prete o giudice poteva sciogliere quell’unione, perché si diceva che fosse “benedetta” dalla volontà degli spiriti familiari.
Il “vento della taranta”
Nelle zone rurali si credeva che alcuni venti caldi estivi potessero far impazzire le donne, che cadevano in uno stato di trance e danzavano senza sosta. Questo fenomeno era collegato alla mitica “taranta calabrese”, diversa da quella pugliese, e richiedeva un rito di liberazione con musica e canti.
Il fuoco di San Giovanni
Accendere fuochi la notte tra il 23 e il 24 giugno proteggeva i raccolti e allontanava gli spiriti maligni. Saltare il fuoco tre volte era un gesto di purificazione e buon auspicio, diffuso soprattutto nelle comunità montane calabresi.
La “figlia dell’acqua”
In alcune aree dell’Aspromonte si parlava di spiriti femminili che abitavano nelle sorgenti e che, se disturbate, portavano disgrazie. Solo le donne anziane, chiamate magare, potevano placarle con offerte di fiori e pane.
L’ulivo maledetto
Un ulivo che non fruttificava per tre anni di fila era considerato maledetto. Si doveva tagliare durante una notte di luna nuova e cospargere le radici con sale e preghiere per placare lo “spirito della terra”.
I bambini con il “velo”
Un neonato nato con la membrana amniotica (il cosiddetto “velo”) veniva ritenuto speciale. In Calabria si credeva potesse vedere i morti o prevedere il futuro. Il velo veniva conservato come portafortuna.